Il nuovo film di Spielberg ci fa fare un tuffo nel passato: ci riporta a contatto con i film epici della grande Hollywood. Non è un segreto che il nostro abbia sempre considerato John Ford un maestro per la gestione degli spazi aperti in una pellicola: devono primeggiare, ma mai dominare il sentimento. Il "sentire" deve rimanere il cuore della pellicola.
La storia segue le vicende di un cavallo inglese allevato con amore e tenacia nel Devon (qui la campagna inglese ricorda molto quella irlandese del classico di Ford "Un uomo tranquillo") da Albert, che se lo vede strappare a causa dell'inizio della Prima Guerra Mondiale. Joy (questo è il nome del cavallo) passa dalle mani Inglesi a quelle Tedesche e poi a quelle di una ragazza Francese. Vive mille peripezie, ma è sempre trattato con amore per quanto la violenza degli eventi lo permetta.
Quando tutto sembra perduto, quando il filo spinato delle trincee oltre a lacerare le carni sembra aver trafitto anche il cuore, nasce una nuova speranza, dolorosa ma nuova: Joy dopo 4 anni di guerra ritrova Albert e la pace riporta di nuovo la vita, quella vera, che sembrava dimenticata e sommersa dalla cattiveria dell'uomo.
Secondo me Spielberg è riuscito nel suo intento: ci ha dato un film epico.
E mi raccomando: da gustare al cinema su grande schermo, la magia è sempre lì, nel buio della sala.