E' il primo romanzo di Georges Simenon che leggo e curiosamente non è un "Maigret".
La vicenda si svolge negli Stati Uniti negli anni '50, sulla costa dell'est in paesaggi cari anche ad Alfred Hitchcock, che sembra il papà di molti "scorci" del libro. Il protagonista è un orologiaio dalla vita insulsa e vuota, che sembra vivere unicamente per il figlio adolescente. Tutto questo amore però non è ricambiato perchè il figlio lo considera un vero e proprio inetto tanto da volerne scappare al più presto, una fuga che costituisce il cardine del libro. Fuga vista come gesto di ribellione verso un padre opprimente. Curioso che anche l'orologiaio si sia reso protagonista in passato di un unico ecclatante gesto di ribellione: il matrimonio con una donna che definire di "facili costumi" è riduttivo. Anche suo padre (il nonno del ragazzo in fuga) come gesto ribelle di un'intera esistenza succube della moglie, si rende colpevole una relazione extraconiugale. Sesso visto come fuga dalla normalità?
Quindi queste tre vite rassegnate, bloccate nell'immobilità di una vita ripetuta, si sublimano in un unico gesto di ribellione; anche senza rendersene conto i tre uomini (le tre generazioni) si assomigliano molto più di quanto pensino. Lo sguardo interrogativo del figlio rivolto al padre nelle ultime pagine del romanzo, forse significa proprio questo: dopo averlo visto per molti anni distante, lontano, ora forse lo vede un pò più simile a lui, alla sua voglia di ribellione.
Simenon si produce in un'ottima opera di introspezione, anche se la "mia" lettura ha un pò sofferto dei ritmi della scrittura: troppo anni '50. Mi sembra che i film di Alfred Hitchcock abbiano retto meglio allo scorrere del tempo: non risultano nè pesanti nè macchinosi.
Libro comunque che sono contento di aver letto, magari mi spronerà ad affrontare un "Maigret".
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