La “mia” musica è quella che mi piace, è proprio per questo le sensazioni che mi trasmette non è detto che debba trasmetterle anche ad altri, però spero sempre che la mia curiosità non sia una mia esclusiva e quindi piacendomi ascoltare con il cuore, le viscere, i nervi (non cervello la musica non deve essere cerebrale!!) sono sempre pronto ad accogliere NUOVA “mia” musica. Certo ho le mie preferenze, ma meno male ci sono sempre nuovi gioielli da scoprire e le cose preziose le trovo spesso in posti impensabili…
Gran bel disco questo dei Baustelle: sicuramente quello di musica italiana che mi è piaciuto di più in questo ultimo anno.
I Baustelle sono un gruppo di Montepulciano nato nella seconda metà degli anni ’90.
Il nome del gruppo nasce da una parola tedesca che significa "cantiere", "lavori in corso", viene scelto sfogliando un dizionario italiano-tedesco dopo una lunga ricerca su diversi testi stranieri. Il nome è stato anche scelto per alcune curiose caratteristiche: contiene la parola "stelle", l'ironica onomatopea "bau" ed "elle", che in francese significa "lei": grande gusto per la bellezza “sonora” delle parole!
E proprio il gusto dello scrivere traspare dalle canzoni: bisogna spesso leggere tra le righe dei testi per arrivare al vero significato che il gruppo vuole trasmetterci; nonostante pubblichi per una major sembra essere rimasto legato alla propria idea di fare musica.
L’aggettivo che mi è venuto in mente subito dopo il suo primo ascolto è stato: “Baudelairiano”; e guarda caso una delle canzoni che lo compongono si chiama proprio “Baudelaire”.
Il disco è pervaso da tutto il disfacimento (non solo morale ma oserei dire anche “fisico”: ascoltare per credere “antropophagus” o “panico” o “charlie fa il surf” “L’aeroplano” dove “noi voliamo invano") del mondo in cui viviamo: se si cerca però si riesce a intravedere una scintilla di speranza.
Spesso le canzoni sono malinconiche e da groppo alla gola, se non al cuore. E qui non si può non citare “Alfredo”, dedicata alla vicenda di Alfredino Rampi, ricordate? Giocata su un bellissimo giro armonico di pianoforte è Aspra e al contempo dolce, violenta e misericordiosa, insomma da brividi e sinceramente rapisce l’anima; anima che invoca un Padre Nostro e lo alterna con la paura del momento terribile che Alfredo sta passando nel buco di morte.
“L’uomo del secolo” storia di un ragazzo disertore nel 1943 che vede col passare degli anni l’infrangersi di tutti i suoi sogni, di tutte le sue utopie giovanili: anni spezzati quelli della guerra, come avviene sempre, purtroppo. Poi una grande speranza di cambiamento frustrata dalla vita di tutti i giorni (tema che si ritrova nella canzone “Il liberismo ha i giorni contati”) e al termine del cammino la morte: un nuovo inizio forse?
Al solito troppe parole! Bisogna solo ascoltare e ritrovare la poesia...
Mi sono spesso chiesto come un disco possa penetrarci nell'anima e nel cuore così tanto: sono contento di non aver trovato ancora la risposta. La porta del cuore rimane aperta!
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